giovedì 10 dicembre 2009

Urla e fischi: lo spot non incanta più



Urla e fischi: lo spot non incanta più Oggi alle 16.03
Il premier ancora contestato, l'impero trema.
Fiducia giù del 14% rispetto a inizio legislatura: "Non possiamo sempre vincere"

L’ultimo rifugio estivo di Silvio Berlusconi sarà una fortezza medievale, una camera singola nel castello di Tor Crescenza della principessa Sofia Borghese. Senza il traffico e i turisti di Roma.

E lontano dai fischi che fanno compagnia a un governo solo: Letizia Moratti a Milano, Renato Schifani a Palermo.
Nemmeno il pallone, la miglior pubblicità per vent’anni, fa rotolare Berlusconi dal verso giusto.

Il presidente dei miracoli e delle cinque coppecampioni cercava l’ovazione dai milanisti: arrivano striscioni, urla e i fischi.

E pensare che, replicando l’86 come uno spot di successo, Berlusconi è calato a Milanello per il raduno della squadra con un elicottero di livrea rossonera e il fido Adriano Galliani in picchetto d’onore.

L’imprenditore con il sole in tasca – sigla elettorale prestata a un libro di Sandro Bondi – è ormai spento: “Non possiamo vincere sempre”, commenta dimesso le contestazioni di tifosi.

E loro: “Una volta compravi Baggio, ora solo Caravaggio”. Che la festa sia finita l’ha capito lunedì a Milano: serata di gala per il premio ‘statista di rara capacità’, sala vuota e nessuna canzone.

E pure una lezione di realismo del fratello Paolo: “Neanche Silvio può camminare sulle acque”.L'ombra dei numeriNon sventola sondaggi perché i numeri sono
pessimi: nel mese di luglio – fonte Ipr marketing – la fiducia nel premier è al 39 per cento, meno 14 punti dal ritorno a Palazzo Grazioli. Mai così male nella legislatura.

Il governo è in zona retrocessione: 33 per cento, un solo italiano su tre crede in Brunetta, Gelmini e colleghi.
L’ex sondaggista personale Crespi infierisce: intenzioni di voto, il Pdl passa dal 39 per cento di gennaio al 33,5 di luglio. Il “ghe pensi mi” ha scatenato il panico e la fuga collettiva.

Il 19 luglio dovevano ricordare Paolo Borsellino e sono scappati via: Schifani ha evitato la piazza di Palermo, il sindaco Moratti s’è fatta scortare da La Russa a Milano.

Fischi e applausi perGianfranco Fini, fischi e basta per Beppe Pisanu. Il professore Alessandro Campi insegna Storia delle dottrine politiche a Perugia e commenta da un
osservatorio privilegiato – direttore scientifico della finiana FareFuturo – le corse e le ansie nei palazzi romani:
C’è una distanza siderale tra i cittadini e i suoi rappresentanti.


La classe politica ha paura del confronto, così diventa la casta che tace e ignora la gente comune”.
E se non batte in ritirata, e resta segregata nelle autoblu, le forze dell’ordine fanno muro e agitano i manganelli: due settimane fa, aquilani in corteo a Palazzo Grazioli, botte e tre feriti.
“Siamo a una deriva oligarchica della nostra democrazia.

Fallisce l’epoca che va da Tangentopoli in poi, pensavamo ai partiti liquidi e – aggiunge Campi – al dialogo virtuale, ma siamo rimasti prigionieri di un’illusione ottica”.
E il politico, ovvero Berlusconi, fatica a comprendere la realtà.
Spedisce un messaggio in Abruzzo per l’anniversario del terremoto, un testo letto e scandito da fischi e insulti: “Mi chiedo perché?
Per L’Aquila ci ho messo il cuore”.

E forse avevano bisogno di case, lavoro, futuro.

Al teatro la Scala celebrano la Liberazione, Berlusconi interrompe cinque minuti di applausi per Giorgio Napolitano, presto convertiti in fischi appena sporge la mano per salutare.

E ancora fischi in via dell’Umiltà (sede del partito) per una conferenza stampa, fischi all’intero consiglio dei ministri in trasferta a Reggio Calabria.
Macerie sul peggioCampi, l’impero va in frantumi?
“La legge elettorale è il male originale, come può un cittadino sentirsi parte di un progetto politico senza le preferenze sulla scheda? Poi i parlamentari sembrano approvare leggi per nascondersi e blindarsi, ovvio che la gente scenda in piazza.

Non farei paragoni con il ’92 o le monetine a Craxi, non abbiamo un’opinione pubblica matura che lotta per il cambiamento, non per apatia, ma perché rassegnata al peggio”.

Maceria su maceria, il crollo è irreparabile?

“La politica deve riscoprire il coraggio di parlare con la gente, affrontare le critiche e spiegare. Non saprei come e quando salterà il coperchio sulla pentola, ma la pressione è davvero forte”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/07/21/urla-e-fischi-lo-spot-non-incanta-piu/42400/
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Non in mio nome
Oggi alle 10.39
- di Roberta De Monticelli -
Insegno Filosofia della Persona alla Facoltà di Filosofia dell’Università Vita Salute San Raffaele. Scrivo queste righe per dire: non in mio nome. Non è certamente in mio nome che oggi (ieri, ndr) il nostro Rettore, don Luigi Verzé, intervenendo come è suo diritto alla cerimonia delle proclamazioni delle lauree, si è rivolto alla sola candidata Barbara Berlusconi, che giungeva oggi a conclusione del suo percorso triennale, chiedendole se riteneva che potesse nascere una Facoltà di economia del San Raffaele basata sul pensiero dell’autore sul quale verteva la sua tesi (Amartya Sen), e invitandola a diventare docente di questa Università, in presenza del Presidente del Consiglio, il quale assisteva alla cerimonia.

Intendo dissociarmi apertamente e pubblicamente da questa che ritengo una violazione non solo del principio della pari dignità formale degli studenti, non solo della forma e della sostanza di un atto pubblico quale una proclamazione di laurea, non solo della dignità di un corpo docente che il Rettore dovrebbe rappresentare, ma anche dei requisiti etici di una istituzione universitaria d’eccellenza quale l’Università San Raffaele giustamente aspira ad essere.

Tengo a dissociarmi nettamente e pubblicamente e da queste parole e dalla logica che le sottende, logica che da una vita combatto, come combatto da sempre il corporativismo e i sistemi clientelari dell’Università italiana, e il progressivo affossamento di tutti i criteri di eccellenza e di merito, oltre che dell’Università stessa come scuola di libertà.

Me ne dissocio individualmente, anche se spero che la deprecazione dell’accaduto sia unanime fra il corpo docente. Ma tengo a ribadire con questa mia serena dichiarazione che non sono né di principio né di fatto corresponsabile dell’andamento di questa cerimonia: non di principio per le profonde ragioni di dissenso che ho qui espresso, non di fatto, perché in effetti non figuravo fra i membri della commissione relativa alla candidata in questione, e certamente non perché avessi chiesto di esserne esonerata.


http://temi.repubblica.it/micromega-online/don-verze-e-la-nomina-a-docente-di-barbara-berlusconi-roberta-de-monticelli-non-in-mio-nome/














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